Paolo Sarpi l'ideatore del federalismo americano
PAOLO SARPI, IL PENSATORE ISPIRATORE DEL FEDERALISMO AMERICANO CHE ROMA HA VOLUTO DIMENTICARE.
Paolo Sarpi non è stato soltanto il consigliere della Serenissima durante la crisi dell’Interdetto del 1606. È stato uno dei più lucidi difensori del principio secondo cui il potere civile deve essere autonomo e libero da ingerenze esterne, siano esse religiose o politiche.
Per il potere romano – ieri come oggi – questa è un’idea pericolosa.
Dopo la sua morte, Sarpi è stato confinato in una zona d’ombra della memoria collettiva.
La storiografia ufficiale italiana lo ha ridotto a figura minore, e persino a Venezia il suo pensiero è stato lasciato senza il rilievo che merita. Non è un caso: ricordare Sarpi significherebbe riconoscere che la nostra civiltà veneta ha prodotto un modello di governo fondato sulla legge, sulla libertà e sulla responsabilità locale – un modello alternativo al centralismo romano.
Il potere centrale non ama chi dimostra che la sovranità può risiedere nei territori e nelle comunità.
Per questo, Sarpi è stato silenziato: per non dare voce a un’idea che oggi, nel tempo delle “autonomie concesse” da Roma, torna più attuale che mai.
Paolo Sarpi vs Cardinale Richelieu – Due visioni opposte del potere
Paolo Sarpi (1552–1623)
Ruolo: Servo di Stato della Serenissima, teologo, giurista, consigliere politico.
Missione: Difendere l’autonomia del Veneto e la libertà delle comunità contro le ingerenze del potere centrale (Roma).
Visione: La ragion di Stato come strumento per proteggere le leggi proprie, l’autogoverno e il pluralismo istituzionale.
Eredità: Simbolo dell’autonomia repubblicana e della resistenza contro il centralismo.
Cardinale Richelieu (1585–1642)
Ruolo: Primo ministro di Luigi XIII, cardinale di Santa Romana Chiesa.
Missione: Rafforzare lo Stato francese centralizzando il potere nelle mani del re e riducendo le autonomie locali.
Visione: La ragion di Stato come giustificazione per concentrare autorità e uniformare il potere politico.
Eredità: Architetto del centralismo monarchico e del modello statale accentrato.
La differenza essenziale
Richelieu: Il potere al centro, le periferie obbediscono.
Sarpi: Il potere distribuito, le comunità governano sé stesse.
La storia ufficiale celebra Richelieu come “padre dello Stato moderno” e relega Sarpi a figura minore.
Eppure, nel loro tempo, Sarpi rappresentava l’alternativa: un’Europa delle autonomie e delle leggi locali, oggi più attuale che mai.
Da Venezia a Philadelphia – Il cammino intellettuale di Sarpi verso il federalismo americano
1. Venezia, 1619 – Il pensiero che parte
La Istoria del Concilio Tridentino di Paolo Sarpi viene pubblicata per la prima volta a Londra, lontano dalla censura romana. L’opera smonta la narrazione ufficiale del Concilio e propone un principio di fondo: lo Stato deve essere libero da ingerenze esterne e governato dalle proprie leggi. Un messaggio potente per l’Europa protestante, in pieno dibattito sulla libertà religiosa e politica.
2. L’eco in Inghilterra
Il pensiero di Sarpi trova lettori attenti tra giuristi, parlamentari e intellettuali inglesi. La sua visione di un potere limitato da leggi locali e dall’autogoverno entra nelle discussioni che animano l’Inghilterra del XVII secolo, dalla Petition of Right (1628) alla Glorious Revolution (1688). Figure come John Selden, Edward Coke e, più tardi, John Locke condividono e sviluppano queste idee.
3. L’Atlantico come ponte
Coloni inglesi in America portano con sé quella tradizione politica anti-centralista, frutto anche dell’influenza sarpiana. L’idea che le comunità siano il nucleo della libertà politica si radica nelle colonie, dove ogni assemblea locale difende le proprie prerogative contro il potere di Londra.
4. Philadelphia, 1787 – L’eredità codificata
Nella Costituzione degli Stati Uniti, il principio di divisione dei poteri e di autonomia degli Stati federati riecheggia la lezione di Sarpi: la libertà si preserva solo se il potere non è concentrato in un unico centro, ma distribuito tra comunità autonome. Non a caso, John Adams citò Sarpi in una lettera a Thomas Jefferson nel 1820, richiamandone le ultime parole – Esto perpetua – come auspicio per la repubblica americana.
"Esto perpetua" si può tradurre in italiano moderno in diversi modi, a seconda della sfumatura che si vuole dare:"Che tu sia eterna""Che tu duri per sempre""Possa tu essere perpetua "Interpretazioni più moderne:"Che tu viva per sempre""Che tu non abbia mai fine""Che tu perduri nei secoli"
Il senso profondo: Quando Sarpi pronunciò queste parole pensando alla Repubblica di Venezia, esprimeva un augurio che andava oltre la semplice durata temporale. Era un augurio che abbracciava: La continuità delle istituzioni libere. La preservazione dei valori repubblicaniLa resistenza contro ogni tentativo di sottomissione
"Esto perpetua"
È un augurio che da Venezia può estendersi a tutte le realtà che difendono la propria autonomia contro i poteri centralizzanti - proprio quello spirito che da San Marco arrivò fino a Philadelphia! 🦁
5. Un’eredità da rivendicare
Dimenticato in patria, Sarpi ha lasciato una traccia reale nella storia delle libertà moderne. Dal suo banco di lavoro alla biblioteca di San Marco, le sue parole hanno viaggiato attraverso i secoli e l’oceano, per diventare parte di un progetto politico che ancora oggi è simbolo di democrazia: il federalismo americano.
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